sabato 7 gennaio 2012

La verità sui miei collaboratori

Questa cosa qui dell'etichetta indipendente sta diventando niente male.
E ci sono dei collaboratori fissi ormai, diciamo che in tutto siamo cinque.
Sento però l'obbligo morale di mettervi al corrente su che razza di personaggi avete di fronte.
Ieri pomeriggio abbiamo fatto una riunione qui in Casa Madre, che poi sarebbe il Lady Lovely Studio, ma oggi preferisco chiamarlo Casa Madre. Fuori c'era il sole, e ci siamo detti La gente sana di mente sarebbe a fare una passeggiata, che oggi è la befana ed è festa, la gente sana di mente sarebbe a fare una passeggiata anziché impuntarsi sul come vendere dischi che non gliene frega più un cazzo a nessuno.
Col senno di poi devo dire che questa riflessione si è dimostrata la più lucida di tutta la giornata, ma andiamo oltre.
Presenti alla riunione eravamo in tre. E siccome sono una persona ospitale, se e quando voglio, ho preso un panettone Galup appena iniziato e ho fatto il caffè. Così, per iniziare a sciogliersi un po' e farsi gli auguri. Poi nulla, abbiamo parlato di un po' di cose, di come procedere per questo e  per quell'altro.
Loro mangiavano il panettone, io no, io mangiavo dei marrons glacés che mi aveva portato mia mamma il giorno prima. Poi verso l'ora di cena dovevano andare via e sono andati via.
Credevo fosse andato tutto liscio, poi questa mattina mi alzo, mi faccio il té, tiro fuori il panettone Galup dal sacchetto, e rimango sbalordito.
Non era un panettone.
Era un campo di battaglia.
Era uno schifo. Era un disastro, una scena di guerra, era un casino, una partita di rugby. Sembrava che dentro al panettone ci avessero buttato dentro una manciata di raudi avanzati dalla settimana scorsa. Il panettone era solo più metà, e da una parte di questa metà era completamente sventrato, con l'ultima fetta tagliata male, e ne era stata strappata via solo la parte sopra. Canditi ovunque, uvetta sparpagliata e mezza morta che chiedeva di essere mangiata per non soffrire più.
Sulla carta che fa da base, una poltiglia tutta appiccicaticcia di fondo di panettone, briciole, macchie di caffè. La stessa carta laterale poi, quella che sorregge il panettone, mica era stata tagliata secondo le fette. No, alcune parti erano tagliate fino alla bese, altre a metà, e l'ultima fetta, quella strappata via a forza dalla forma, non ci avevano manco più provato, a tagliare la carta.
E allora nulla, mi sono messo lì con santa pazienza e ho fatto restauro.
Ho tagliato delle fette normali da ambo i lati, ho mangiato i canditi solitari e le uvette agonizzanti, ho risistemato un po' la carta con le forbici per dare anche un senso estetico alla cosa. Poi alla fine con un cucchiaino ho raschiato bene bene tutta la carta sotto, e ora sembra di nuovo un panettone, anziché una partita di rugby.
Ora, io non voglio fare nomi. Però c'era mia cugina Claudia, e non è stata lei. Ne sono certo.
L'altra persona presente era di sesso maschile, e non era Fabio Cussigh detto Betzy, perché lui sta a Udine e le riunioni le facciamo su Skype. Giovanna era in montagna a lavorare.
Vedete voi.
Ecco, questo solo per dire che io ci sono rimasto male.
Vatti a fidare, di quelli che sembrano precisi.
E soprattutto, che ci provi, la prossima volta che di discutono le grafiche, a parlarmi di estetica. Lui, il filosofo. Che ci provi, a parlarmi di estetica.
La verità sui miei collaboratori, è che non sanno affrontare un panettone.

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